Qualche mese fa l’amica Sabrina Stroppa mi ha proposto di scrivere un breve saggio per il libro La poesia italiana degli anni Ottanta. La compagnia era ottima, l’indice del libro prometteva bene, e così, nonostante fossi un po’ arrugginito nell’esercizio della lettura critica, ho deciso di accettare l’invito. Avremmo dovuto occuparci di un libro d’esordio degli anni Ottanta, e io ho scelto di scrivere il mio capitolo su “I tre desideri” di Franco Buffoni. Un libro difficile, poco conosciuto, importante soprattutto per il suo ruolo “germinale”. Poesie che producono altre poesie. Poesie usate in altri libri, che acquistano un significato nuovo a dieci, venti, trent’anni di distanza. Di seguito riporto l’inizio della mia preferita. E chi vuole leggere il saggio può scaricarlo qui: I tre desideri di Franco Buffoni.
Come un polittico che si apre
e dentro c’è la storia
ma si apre ogni tanto
solo nelle occasioni,
fuori invece è monocromo
grigio per tutti i giorni,
la sensazione di non essere più in grado,
di non sapere più ricordare
contemporaneamente
tutta la sua esistenza,
come la storia che c’è dentro il polittico
e non si vede,
gli dava l’affanno del non-essere stato
quando invece sapeva era stato,
del non avere letto o mai avuto.