Lecce, settembre 1999. A un congresso dell’Associazione degli Italianisti si discute animatamente di formazione dei docenti di italiano. Si devono attivare le scuole di specializzazione per insegnanti (le SSIS) e i letterati sono contrari a un’ingerenza dei pedagogisti. Inoltre, temono che i linguisti, assai più esperti in questioni di didattica, prendano il sopravvento.
Con Natascia Tonelli, che era seduta accanto a me, decidiamo su due piedi di prendere l’iniziativa e di fare qualcosa per cominciare a ragionare – con gli strumenti della nostra disciplina – sul ruolo degli studi letterari a scuola e all’università. La rivista “Per leggere” è il primo risultato di quell’iniziativa comune, a cui si è aggregato da subito Roberto Leporatti, poi Isabella Becherucci e ora Francesca Latini. L’idea di fondo era semplice: se è vero che che alle fondamenta degli studi letterari si colloca l’esperienza della lettura dei classici, allora è opportuno allenare le competenze di lettura. La nostra rivista voleva essere una palestra aperta al pubblico, in cui gli studiosi avrebbero potuto presentare il processo e il risultato dei loro allenamenti.
Quest’anno, dopo 15 anni di lavoro sul rapporto tra didattica e letteratura, io e Natascia Tonelli ci siamo di nuovo seduti accanto e abbiamo pensato che i tempi fossero maturi per passare dalla pratica alla teoria. E per questo abbiamo promosso la nascita di una nuova collana scientifica: “QDR / Didattica e Letteratura“. Si tratta di un progetto ambizioso, che si apre con la pubblicazione di un piccolo grande libro di Jean-Marie Schaeffer, il direttore del centro di ricerca sulle arti e i linguaggi di Parigi. Ne riporto qualche frase. Buona lettura.
“Conviene insegnare la conoscenza della letteratura, o non bisognerebbe piuttosto attivare prima di qualsiasi altra cosa la scrittura «letteraria», come un particolare tipo di accesso alla realtà? I programmi scolastici hanno scelto il primo scopo.
Ed è davvero un peccato, perché le opere letterarie, in qualsiasi forma esse si presentino, sono esse stesse uno stupefacente mezzo di sviluppo cognitivo, emotivo ed etico. Esse operano i loro prodigi già a partire dalla lettura in comune, non appena vi si pone l’attenzione. Promuovere la lettura, e arricchirla, dovrebbe essere uno degli scopi principali di un corso di letteratura che si rivolga a degli adolescenti, ovvero a degli individui impegnati a costruire la loro identità. L’altro fine, primordiale a tutti gli effetti, dovrebbe essere la conoscenza attiva dell’arte letteraria e più in generale dell’arte di scrivere. Infatti la pratica di un’arte non permette solamente di comprendere meglio il suo funzionamento, ma anche di penetrarvi in profondità.”