“Ho l’impressione che la vita di Domenico De Robertis – la sua filologia – fosse costellata di tante comunità di persone e di tanti luoghi resi significativi dalla presenza – più o meno esplicita – delle opere della tradizione letteraria, le quali hanno svolto così una funzione sociale davvero straordinaria. Per noi allievi, in questo senso, ricevere il titolo della tesi significava, allo stesso tempo, divenire i custodi di un’opera della tradizione, i suoi fiduciari, e avere in dote un patrimonio di relazioni da coltivare, di luoghi da visitare, spesso da frequentare per lunghi mesi, per anni. Ho impiegato molto tempo a capirlo, ma quando Domenico De Robertis mi ha affidato, a me ventiduenne, lo studio della formazione del libro dei Trucioli di Camillo Sbarbaro affinché elaborassi la mia tesi di laurea, mi ha consegnato – implicitamente – uno spazio geografico e umano precisi, fatti di biblioteche e archivi da esplorare, di persone da conoscere e con cui costruire rapporti, alleanze, collaborazioni. Mi ha consegnato uno strumento che avrei potuto usare per dare un senso almeno a una parte della mia vita.”
Tratto da S. Giusti, Domenico De Robertis e Ungaretti: le occasioni della filologia in Ricordo di Domenico De Robertis, p. 159.