La favola dei suoni di Galileo Galilei

…quando ei credeva d’aver veduto il tutto, trovossi più che mai rinvolto nell’ignoranza e nello stupore…

Se non conoscete questa “favola dei suoni” correte subito a leggerla. Si tratta di un breve apologo a cui Galileo Galilei ricorre, nel sesto capitolo del Saggiatore (siamo nel 1623), per dimostrare che non è necessario e neanche è possibile spiegare ogni fenomeno naturale, ma che è invece fondamentale mantenere un atteggiamento di curiosità e di apertura verso conoscenze sempre nuove. In sintesi, vi si racconta di un uomo che per suo gusto allevava diverse specie di uccelli, di cui amava il canto. Ma un giorno, dopo aver scoperto che si possono produrre suoni anche con uno strumento musicale, inizia a girare il mondo alla ricerca di altre sonorità.

Accadde che una notte vicino a casa sua sentì un delicato suono, né potendosi immaginar che fusse altro che qualche uccelletto, si mosse per prenderlo; e venuto nella strada, trovò un pastorello, che soffiando in certo legno forato e movendo le dita sopra il legno, ora serrando ed ora aprendo certi fori che vi erano, ne traeva quelle diverse voci, simili a quelle d’un uccello, ma con maniera diversissima. Stupefatto e mosso dalla sua natural curiosità, donò al pastore un vitello per aver quel zufolo; e ritiratosi in sé stesso, e conoscendo che se non s’abbatteva a passar colui, egli non avrebbe mai imparato che ci erano in natura due modi da formar voci e canti soavi, volle allontanarsi da casa, stimando di potere incontrar qualche altra avventura.

Dopo aver lungamente viaggiato e scoperto la musica del mondo, proprio quando crede di aver ascoltato e osservato tutti i modi che esistono per produrre suoni, l’uomo scopre l’esistenza della cicala, il cui suono ha un’origine per lui indecifrabile, nonostante possa ascoltarla e osservarne i movimenti da vicino.

In questo brano Galilei esprime, grazie al personaggio del cercatore di suoni, alcune delle caratteristiche fondamentali dello scienziato: la curiosità, la perspicacia (ovvero la capacità di guardare con attenzione e di capire rapidamente), l’incertezza. Lo scienziato, come l’uomo della favola, di fronte a ciò che non riesce a capire assume un atteggiamento umile, al contrario di coloro che parlano in modo tanto più convinto di ciò che non sanno e non capiscono. Sulla scorta di questa interpretazione, suggerisco due esercizi tratti da L’onesta brigata che possono essere svolti in classe: un’attività di scrittura e un dibattito.

ESERCIZIO 1 – La favola della luce Scrivi una storia analoga a quella narrata da Galileo sostituendo all’udito la vista e ipotizzando che il protagonista (maschio o femmina a tua scelta), anziché ai modi di produrre suoni, sia attratto dai modi di produrre la luce.

ESERCIZIO 2 – Un dibattito Scegliete una delle seguenti opinioni e argomentatela con esempi e idee da opporre ai vostri interlocutori, i quali devono sostenere la validità della tesi contraria.
a. È preferibile essere curiosi e affamati di conoscenza, a costo di rischiare di modificare continuamente la propria visione del mondo.
b. È preferibile essere indifferenti ai cambiamenti e rimanere fermi sulle proprie idee e posizioni.

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