Oleksandr Murashko, Sulla pista di pattinaggio
Oleksandr Murashko, Sulla pista di pattinaggio, 1902-1903 (Kiev, Museo Statale di Arte Russa)

Un esercizio a partire da una poesia di Gozzano

Invernale, come le altre poesie pubblicate nel volume I colloqui (1911), è un racconto in versi che narra una situazione di vita quotidiana ambientata a Torino. Sul ghiaccio di una pista di pattinaggio, nel parco del Valentino di Torino, nel 1910 circa, il poeta sta pattinando. La poesia inizia con il rumore del ghiaccio che si incrina: tutti scappano, tranne la donna che sta pattinando a braccetto col poeta, che gli chiede di restare. Ma il poeta, che in un primo momento è attratto dalla situazione, si spaventa e fugge. 

«… cri… i… i… i… i… icch»… 
l’incrinatura
il ghiaccio rabescò, stridula e viva.
«A riva!» Ognuno guadagnò la riva
disertando la crosta malsicura.
«A riva! A riva!…» Un soffio di paura
disperse la brigata fuggitiva.

«Resta!» Ella chiuse il mio braccio conserto,
le sue dita intrecciò, vivi legami,
alle mie dita. «Resta, se tu m’ami!»
E sullo specchio subdolo e deserto
soli restammo, in largo volo aperto,
ebbri d’immensità, sordi ai richiami.

Fatto lieve cosí come uno spetro,
senza passato piú, senza ricordo,
m’abbandonai con lei, nel folle accordo,
di larghe rote disegnando il vetro.
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più sordo…

Rabbrividii cosí, come chi ascolti
lo stridulo sogghigno della Morte,
e mi chinai, con le pupille assorte,
e trasparire vidi i nostri volti
già risupini lividi sepolti…
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, piú forte.

Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,
rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!
O voce imperïosa dell’istinto!
O voluttà di vivere infinita!
Le dita liberai da quelle dita,
e guadagnai la ripa, ansante, vinto…

Ella sola restò, sorda al suo nome,
rotando a lungo nel suo regno solo.
Le piacque, alfine, ritoccare il suolo;
e ridendo approdò, sfatta le chiome,
e bella ardita palpitante come
la procellaria che raccoglie il volo.

Non curante l’affanno e le riprese
dello stuolo gaietto femminile,
mi cercò, mi raggiunse tra le file
degli amici con ridere cortese:
«Signor mio caro, grazie!» E mi protese
la mano breve, sibilando: − Vile! −

La poesia mette in scena il conflitto tra la vitalità rappresentata dall’eros e la rinuncia alla vita, dovuta alla mancanza di coraggio. Di fronte alla possibilità di amare e di essere amato, infatti, il protagonista maschile sceglie di rinunciare, preoccupato per i rischi che questo avrebbe comportato, lasciando prevalere la paura della morte e rimandando a un’altra volta, che probabilmente non arriverà mai, la gioia di vivere. 

Istruzioni per l’uso

Nella storia narrata sono rappresentate due visioni contrapposte del mondo e della vita. Da una parte abbiamo l’atteggiamento vitalistico di chi insegue i propri desideri, correrendo il rischio di non poterli soddisfare, dall’altra c’è l’atteggiamento di rinuncia di chi sceglie di non rischiare. Dividetevi in gruppi di tre e all’interno di ciascun gruppo analizzate i vantaggi e gli svantaggi di ciascuno dei due atteggiamenti. Alla fine confrontate i risultati e scrivete una sintesi in forma schematica.

Per approfondire (una poesia “infernale”)

Tutta la poesia, fin dall’onomatopea iniziale, poi ripresa ai versi 17, 18 e 24 («Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, piú forte») è costruita con materiali danteschi: risale al XXXII canto dell’Inferno, – dove troviamo un lago ghiacchiato nel quale sono conficcati le anime dei traditori – la parola «cricchi» usata per rappresentare la rottura del ghiaccio («Non avria pur da l’orlo fatto cricchi»), anche da Dante, come in Gozzano, paragonato al vetro (Inferno XXXII: «Avea di vetro e non d’acqua sembiante»; Invernale, v. 25 «di larghe rote disegnando il vetro»). Anche il grido iniziale, con il quale qualcuno invita i pattinatori a spostarsi verso il bordo della pista, ricorda un passo del canto XXXIII: «E un de’ tristi della fredda crosta / gridò a noi: O anime crudeli…».

Sono solo alcuni dei tanti richiami all’Inferno dantesco, grazie ai quali Gozzano ottiene un effetto ironico, originato dalla sproporzione che si percepisce tra l’esperienza del viaggio ultraterreno e la banalità dell’episodio narrato, tra le anime dannate del lago Cocito e i borghesi che pattinano spensierati nel parco cittadino. 

Infine, anche se non si può esser certi che sia un’associazione voluta da Gozzano, colpisce che per rappresentare la morte egli abbia scelto proprio quella parte dell’Inferno di Dante in cui sono puniti i traditori. Non è infatti un tradimento, quello di chi ha l’occasione di vivere e invece sceglie di rinunciare per paura di morire? (Continuate la discussione).

(Tratto dal terzo volume di L’onesta brigata di Simone Giusti e Natascia Tonelli, Loescher editore 2021)

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